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SILS MARIA
(CLOUDS OF SILS MARIA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 dicembre 2014
 
di Olivier Assayas, con Juliette Binoche, Kristen Stewart , Chloe Grace Moretz, Angela Winkler, Hanns Zischler (Francia, 2014)
 
Alzi la mano chi non abbia mai definito magiche, come poche altre al mondo, le misteriose prospettive che s'irradiano dal villaggio della Engadina in questione. Una vertigine che nel tempo ha colto tanti visitatori, a cominciare da maestri sommi del pensiero come il Nietzsche che vi concepì i cicli ripetitivi del suo "Eterno Ritorno"; o il Proust che vi narrò i propri amori in "I piaceri e i giorni". Tutte cose che hanno di certo occupato la mente di Olivier Assayas, raffinato e ormai sessantenne enfant prodige di estrazione Cahiers du Cinéma e, forse non a caso, noto studioso del cinema di Ingmar Bergman; l'eco di un'altra storia di ripetizioni teatrali, DOPO LA PROVA (1984) del grande svedese, uno dei tanti rinvii che riecheggiano in SILS MARIA.

Tre donne e il trascorrere del tempo, della giovinezza, della fama; l'evasione nell'arte e la realtà della vita, l'introspezione nei personaggi sulla scena e il confronto con lo sgretolarsi della propria identità. Juliette Binoche è un'attrice quarantenne, alla quale viene proposto di recitare nuovamente nella pièce che la rese famosa ai suoi esordi vent'anni prima. Ma il suo personaggio ora è mutato: non più quello di una giovane che seduce una donna più matura, fino a condurla al suicidio. Ormai, il ruolo di quest'ultima: con il tempo che ha rovesciato i ruoli, minato le sicurezze, insinuato ambiguità e malesseri.

Tre attrici magnifiche: certo, la navigata e sempre ispirata Juliette Binoche ma, assolutamente sorprendente, la Kristen Stewart dell'adolescenziale TWILIGHT, la segretaria della star rivelatrice magnifica, durante le ripetizioni della pièce che avvengono fra le due nel chalet di montagna, delle ripercussioni più intime che vanno affiorando. Dei traumi più o meno repressi, ai quali si sommerà lo sfasamento provocato da un idolo hollywoodiano dei teenager, la 17enne Chloë Grace Moretz cult di DESPERATE HOUSEWIVES e KICK-ASS, che si è vista assegnare il ruolo della giovane adescatrice. Sarà la sua sensualità candida a penetrare la diva che intravede la decadenza, ad insinuarsi in lei come quell'inquietante serpente di nuvole, il "Maloja Snake", fenomeno naturale che invade progressivamente la serenità della vallata engadinese.

Contrasto generazionale anche spregiudicato, completato dalla presenza di Angela Winkler, memoria di tante tappe mirabili del cinema tedesco (da Schlöndorff a Fleischmann, Handke, Hauff, Haneke) che costruisce a quel modo un gioco di specchi destabilizzante, elegante, a tratti affascinante. Pure fin troppo evidente, e non proprio cinematograficamente inedito, colto e filosofeggiante, dispersivo al punto di disinnescarne la malinconia e l'impulso melodrammatico: tanto da arrischiare di perdere il contatto non solo con lo spettatore, ma anche con l'incomparabile potere metafisico della cornice naturale che fa da sfondo.


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